Ciao a tutti cari lettori, follower, amici e naviganti del mare di Internet! ☺👋🏻

Eccomi qui di nuovo dopo un po’ di silenzio per presentare un nuovo progetto che mi vede coinvolta in modo del tutto inaspettato e nuovo in un’avventura radiofonica grazie all’invito che ho ricevuto da un gruppo di amici messinesi che si occupano con passione e dedizione di innovazione, imprese e startup: gli Audaci Buddaci.
Dietro questo bellissimo progetto ci sono Fabio Bruno, Giuseppe Arrigo, Marcello Perone e Sandro Fede (un saluto anche a Sebastiano Longo, che quest’anno non è presente in studio con il resto della combriccola, ma che è stato parte attivissima l’anno scorso).
Insieme la gang di Messina ha creato un piccolo spazio radiofonico dove far fluire e confluire le idee, dove condividere idee e affrontare con determinazione e una buona dose di allegria il futuro.

Come avrete capito questa meravigliosa idea non è appena nata, anzi è alla sua seconda stagione. Ciò significa che c’è tanta voglia di fare, di muoversi e di promuoversi. Si dà voce alle idee e al talento dei giovani, di chi vuol fare la differenza e di chi si ingegna per realizzare un sogno.
Chi mi ha seguito un po’ sui social network sa che dal 2015 ho spesso riempito la timeline di twitter e facebook con i post relativi alle iniziative e agli argomenti trattati nella trasmissione gestita dal team di StartUp Messina e, se siete curiosi, rintracciabile tramite gli hashtag #suradiostreet e #avaiava e poi anche con #AudaciBuddaci.

Ma cosa c’entro io in tutto questo?

Oramai viviamo in un’epoca dove si parla di business in tutti i campi, perciò la prima cosa che salta all’occhio è la presenza massiva di terminologia inglese utilizzata nel linguaggio delle strategie aziendali, del marketing, della gestione delle attività e del fare impresa.
Anche il mio stesso articolo fin qui è condito di terminologia inglese, ci avete fatto caso?
Molto bene, se la risposta è sì, avete appena scoperto cosa ci fa una linguista come ospite telefonica negli studi di Audaci Buddaci.
Sarò la Sherlock Holmes della terminologia inglese utilizzata nel gergo aziendale, commerciale, pubblicitario e informatico.

[ Per ascoltare la puntata 👇🏻 – min. 37:35 per ascoltare la mia rubrica ]

Si parla dunque di anglicismi.

Cos’è un anglicismo?

          La Treccani lo definisce così: “s. m. [der. di anglico, sul modello dell’ingl. (toanglicize e del fr. angliciser]. – Parola, locuzione o costrutto proprio della lingua inglese, importato in altra lingua, sia nella forma originale (per es., blue jeanssandwichweekend), sia adattato foneticamente (come rosbiftranvai, per roast beeftramway). Anche, parola italiana o d’altra lingua impropriam. usata col sign. che la parola corrispondente ha in inglese (come quando, per es., il verbo confrontare è adoperato nel senso di «affrontare» o «stare a faccia a faccia» che ha l’ingl. to confront, o si attribuisce al verbo realizzare il sign. di «comprendere, rendersi esatto conto di qualche cosa» che è proprio dell’ingl. to realize)”.
Quello che ci siamo domandati in questa prima puntata è se sia giusto utilizzare la terminologia straniera quando abbiamo dei traducenti nella nostra lingua, cioè l’italiano, che sono il corrispettivo esatto di quella parola.
L’esperta di comunicazione Annamaria Testa ha già risposto a questo quesito con un suo pezzo uscito per l’Internazionale (lo trovate qui). Infatti, nel 2015 lanciava la petizione indirizzata all’Accademia della Crusca “Dillo in italiano” (con il suo relativo hashtag #dilloinitaliano) per proteggere l’italiano e promuovere l’utilizzo dei termini esistenti nella nostra lingua.
La stessa Testa nel suo sito Nuovo e Utile aveva già stilato una lista delle 300 parole da dire in italiano (qui). Il suo è un invito per combattere la tendenza all’uso dell’itanglese che è il risultato di una sorta di impigrimento linguistico. Non si schiera contro l’utilizzo della terminologia anglofona insostituibile, ma propone un’alternativa a tutte quelle parole della lingua inglese che risultano superflue in quanto già esistenti nella nostra bellissima lingua e che vale la pena utilizzare.

Per iniziare ho proposto alcuni termini analizzando un articolo interessante (qui) che ho trovato nel blog “mondolavoro” e che tratta di cultura d’impresa.
La cultura d’impresa riguarda tutto ciò che permette di comunicare al meglio e valorizzare al massimo l’identità di un’impresa e i suoi valori. Alla base ci sono impegno costante, trasparenza, condivisione e spirito d’innovazione; tutti elementi che si traducono nello svolgimento in cooperazione dell’attività dell’impresa stessa, tra tutti i soggetti operanti al suo interno e delle scelte attuate con e verso i soggetti esterni.

Le parole che ho individuato nell’articolo sono:
Team = squadra
Competitors = concorrenti
Brand identity = identità aziendale

 

Se l’articolo è stato utile e se siete interessati a saperne di più, continuate a seguire le utlime novità sulla pagina Facebook di StartUp Messina e restate sintonizzati su www.radiostreet.it.

Se avete domande o chiarimenti, se volete proporre un argomento, una parola o sottoporre un quesito lasciate pure un commento o scrivetemi a info@onesec-translations.com.

Ah! Ovviamente non dimenticate di cercare gli hashtag #AudaciBuddaci e #ClaireOnAir.

Stay tuned! 📻🎶🎶🎶🎧

~Claire

 

Altri link ad articoli interessanti per approfondimento:

📙 Anglicismi: il ruolo dei traduttori e l’importanza delle traduzioni ➡ https://diciamoloinitaliano.wordpress.com/2017/09/

📓 Sull’uso e abuso dei parole straniere in italiano ➡ http://www.newsandcoffee.it/due-parole-sulluso-sullabuso-dellinglese/ (di Vera Gheno)

📙 Profilo Annamaria Testa ➡ http://annamariatesta.it/